Domenica scorsa ho perso. Era da settembre 2016 che non perdevo. Ho perso il mio record.
Io ho pensato a mente fredda: “Finalmente ho perso!”, mentre le mie amiche mi hanno detto:
“Ma allora sei umana!?!?!?!?” ^___^
Puoi mmaginare quindi come mi sentissi:
- da un lato, il dispiacere: perdere, in 3 set, in 2 ore e passa di gioco sprecate, con una avversaria con la classifica inferiore alla mia, con 25 anni di meno, ma anche mooolta esperienza di meno…
- dall’altro, la leggerezza…Mi ero tolta il peso e la responsabilità di “dover vincere per la squadra” e lasciare alle mie compagne il destino di un incontro a squadre e fatto da più persone!!! E… è andata bene lo stesso!!!
Tutto serve. Anche la sconfitta.
Come diceva Voltaire: “non esiste male da cui non nasca il bene“.
Anche la sconfitta quindi serve e serve ancora di più se viene fatta una attenta valutazione dell’andamento della partita tra l’atleta e lo psicologo dello sport che lo segue.
Io, che sono la psicologa dello sport anche di me stessa, mi sono chiesta: “Cosa è andato storto?” e ho visto diverse cose:
- gli eventi (pensieri, emozioni, contesti) che hanno causato certi comportamenti;
- ho sviluppato la consapevolezza di questi eventi e delle conseguenze;
- con l’obiettivo del miglioramento continuo, ho identificato i fattori tecnici e tattici da potenziare;
- ho preso tutto questo e lo utilizzerò nel caso in cui dovessi trovarmi di fronte un’altra avversaria simile, come feedback per la programmazione del piano mio di mental training.
Il risultato del match è diventato quindi una specie di feedback, dal quale ripartire per impostare le azioni di miglioramento e potenziamento, ed è stato lo spunto per rinforzare lo spirito di squadra!